Sapori d’inverno

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I piatti invernali da gustare, soprattutto nelle feste

Marche

Vivi i magici colori, sapori e profumi d'inverno in Riviera

L'inverno porta con sé gelide piogge e freddi venti. La cucina accende i fornelli e con il profumo dei suoi piatti riempie la casa di rincuorante calore e gustosi (e calorici) piatti dai sapori decisi e caldi.

Qui in Riviera le tavole abbondano di prelibatezze uniche. La cena non può che iniziare con qualche antipasto preparato per l'occasione con il formaggio di fossa appena sfossato accompagnato da miele o da del savor. Il primo piatto dell'inverno è solo uno, un piatto di brodo. In Romagna, ma anche nelle Marche ci si delizia nelle fredde sere d'inverno con un buon primo piatto di cappelletti in brodo, perfetti per riscaldare le membra, oppure un primo con una spolverata di tartufo di Acqualagna. Infine, ad accompagnare il tutto, un bel calice di fresco Rebola o un vellutato rosso di Romagna, il Sangiovese.

Queste sono solo alcune delle prelibatezze che puoi trovare in Romagna Marche e Abruzzo. Sei pronto anche tu a gustare i sapori d’inverno della Riviera?

cappelletti

Cappelletti in brodo

Il piatto che scalda

Nelle fredde sere invernali c'è solo un piatto che scalda: il piatto in brodo! In Romagna si preparano i cappelletti in brodo, nelle Marche si parla dei passatelli, ma se vuoi scoprire le tradizioni e la storia del cappelletto, di come prepararlo, gustarlo e abbinarlo... leggi l'articolo!

Formaggio di Fossa

Un formaggio unico

Infossato per circa 100 giorni, ogni anno il 25 Novembre, il giorno di Santa Caterina, il formaggio di fossa viene sfossato dalle cave di tufo in cui si trova. Un formaggio dal sapore deciso che si combina splendidamente con i piatti della Romagna e delle Marche. Vieni a scoprire come si prepara e come... si gusta!

Formaggio di Fossa Sogliano (1)
Tartufo bianco di Acqualagna

Tartufo

Tartufo bianco di Acqualagna

Tartufo bianco e pregiato quello di Acqualagna, nelle Marche. Questo tartufo è l'unico che non è possibile coltivare, almeno per ora, ed è quindi anche uno dei più ricercati e pregiati. Come gustarlo? C'è chi lo preferisce sulle tagliatelle, chi sull'uovo e chi azzarda abbinamenti con carapaci di carne o pesce. Tutto è lecito con il tartufo bianco!

Parrozzo

Dolce abruzzese

Non c'è festa natalizia che non si concluda con un dolce tipico del territorio. Così, idealmente, questo nostro pasto lo concludiamo con il Parrozzo, il Pane Rozzo, il dolce tipico di Pescara ma conosciuto in tutto l'Abruzzo e simbolo di questa Regione. Un dolce con una bella e lunga storia, che ha stregato anche Gabriele D'Annunzio.

rebole Vino Rimini Rebola

Rebola

Rimini Rebola, il progetto

Ogni buona cena o incontro che si rispetti, che preveda un buon piatto di tagliatelle come di cappelletti in brodo, richiede un abbinamento adatto di vino. I vitigni del territorio di Emilia Romagna, Marche e Abruzzo sono tanti e vari, ma ce n'è uno meno conosciuto e assolutamente imperdibile: la Rebola! Vieni a scoprirla e ad abbinarla al tuo prossimo piatto.

Rimini Rebola

Rimini Rebola, il progetto che unisce un territorio

16 cantine impegnate nella produzione di un vino unico: la Rebola

Rimini, Via D. Campana 64 – 47922 RN

Strada dei Vini e dei Sapori dei Colli di Rimini | RIMINI REBOLA (stradadeivinidirimini.com) / Tel. +39 0541 787037

Articolo di: Redazione
Lettura: 5 minuti

Il vino di Rimini

Molte strade portano a Rimini. 

Quelle dei Vini e dei Sapori dei Colli riminesi si chiamano Sangiovese e Rebola. E sebbene il primo sia più famoso, è alla Rebola che viene riconosciuta una storia più antica, anche se meno raccontata. Per farlo, 16 diversi produttori del territorio vitivinicolo riminese hanno fondato il consorzio “Rimini Rebola”.

Cantina Fiammetta, Fattoria del Piccione, Enio Ottaviani Winery, Tenuta Santini, Fattoria Poggio San Martino, Ca’ Perdicchi, Agriturismo San Rocco, Podere dell’Angelo, Vini San Valentino, Cantina Pastocchi, Agricola I Muretti, Tenuta Santa Lucia, Cantina Franco Galli, Podere Vecciano, Le Rocche Malatestiane Rimini, Agriturismo Case Mori, sono le 16 aziende che si sono incontrate in un progetto di comunicazione e marketing per mettere in luce un vino e il suo territorio

Essere imprenditori a volte può voler dire non temere di fare squadra con il vicino della vigna accanto. Così questa storia è iniziata nel segno delle cose buone fatte insieme, unendo le forze e le eccellenze. 

La bellezza e il sapore di questa unione passano proprio da qui, da vitigni che raccontano una terra che abbraccia sia mare che collina, e regalano un prodotto unico, ma non un unico prodotto. Se infatti la bottiglia è per tutti la stessa, con il nome "Rimini" sbalzato nel vetro, ci sono sedici etichette diverse, una per ogni produttore aderente al progetto e per ogni specifico stile e filosofia aziendale. Ma in tutte quelle bottiglie c’è la stessa garanzia di qualità di una Rebola Rimini DOC dei Colli di Rimini. Una qualità che al Grechetto gentile, il vitigno da cui si produce la Rebola, viene già riconosciuta da anni.

L’ambizione più grande è quella di rendere la Rebola di per sé un motivo di attrazione turistica nel panorama vinicolo di Rimini, tanto da farne un vero traino con una carta di identità precisa, in ricercati percorsi enogastronomici. Insomma, “se dici Rebola, dici Rimini”.

Adatto a :

Amanti di un buon vino locale

Periodo consigliato :

Un ottimo calice si degusta in tutte le stagioni!

La Rebola, che storia!

Il vitigno rebolano non produce molta uva, ma il vino che ne deriva è capace di adattarsi a diversi accostamenti. Si caratterizza per le note fruttate e delicate, e ha una gamma di sfumature di colori che vanno dal giallo paglierino all’ambra. La Rebola è presente da tempi antichi in territorio riminese. I primi documenti, del 1378, la chiamano “Ruibola o Greco”, poiché si trattava di uno dei vitigni provenienti dall’area ellenica, con similarità varietali a uve tuttora denominate Greco o Grechetto presenti in altre regioni italiane. Più di recente, la ricerca scientifica ha verificato l’identità di quest’uva con il Pignoletto diffuso sui Colli Bolognesi e con il Grechetto di Todi tipico dell’Umbria.

Eventi tra i colli e il mare

Con il progetto “Rimini Rebola” sono partite una serie di iniziative in cui i produttori del consorzio organizzano eventi, sia nelle loro aziende che presso il circuito di ristoranti, locali e manifestazioni che sposano il progetto dandogli ospitalità. Le cantine durante questi eventi espongono le loro etichette, dando la possibilità di portarsi a casa più di una scelta, con l’obiettivo di far conoscere, in primis ai riminesi, un vino che gli appartiene e che merita tutta la loro attenzione. 

La degustazione parte dai vini (bianchi, rossi e spumanti), ma arriva anche a birre e oli artigianalmente elaborati, insieme a taglieri di prodotti della Romagna. Durante questi eventi viene raccontata la storia dell’origine, la provenienza, la tipicità della coltivazione, dei metodi e dei luoghi di fermentazione della Regina dei vini di Rimini.

Tutto questo si può vivere, ancora più intensamente, visitando le singole cantine e i diversi vigneti, accompagnati tra filari e mattoni antichi o strutture super moderne, ma che sanno custodire una storia comune che viene da lontano, che è chiaramente una storia di famiglie e terra, e il cui sapore si può apprezzare al massimo quando viene raccontato proprio nel posto in cui tutto questo accade ogni giorno.

Le magnifiche 16 

Uno dei tour più interessanti che i colli riminesi possono offrire, da gustare in un tempo lungo, potrebbe essere proprio quello di programmare una visita a queste magnifiche 16 cantine, tutte diverse, tutte uniche. 

Non possiamo raccontarle nel dettaglio, ma vediamo quale essenza riusciamo a contenere in poche righe da destinare ad ognuna.

Eccole qui…

I Muretti è un’azienda agricola di 13 ettari in conversione a biologico. Produce vini e quello che viene raccolto dall’orto viene utilizzato per creare il menù settimanale del loro bellissimo Agriturismo.

Ca’ Perdicchi non vanta solo splendidi vigneti, ma anche la produzione di olio e un allevamento di bovini. Un’altra specialità è la produzione di confetture di frutta e verdure sott’olio.

Le attività dell'azienda agricola Case Mori sono la coltivazione di cereali, di ulivi con produzione di olio, di vigneto con produzione di vino, di alberi da frutta e di ortaggi.

L’azienda vitivinicola Franco Galli, a conduzione familiare, si estende per 10 ettari e segue con dedizione la produzione dei vini proveniente da vitigni di proprietà.

La Enio Ottaviani vini e vigneti, ispirandosi alle più belle cantine contemporanee di tutto il mondo, ha realizzato un sogno di ferro, legno, vetro e cemento che non è solo una cantina, ma una finestra aperta sul territorio.

La Fattoria del Piccione è un’azienda agricola biologica in conversione al biodinamico, produce vino con sconfinato amore per la sua terra, promuovendo bellezza da oltre cento anni.

La Fattoria Poggio San Martino è un’azienda agricola a conduzione familiare che produce, nel rispetto del territorio, vini, olio extra vergine di oliva, miele, confetture, grappe e sott’oli tipici. 

I vini dell’azienda le Rocche Malatestiane vengono prodotti da 500 viticoltori che coltivano una superficie complessiva di 800 ettari di terreno, distribuito in un territorio che dall’alta Val Marecchia arriva a lambire le Marche. 

Podere dell’Angelo con i suoi 150 ettari di verde produce vino, ma mette a disposizione degli ospiti anche un ristorante con hotel e spa wellness. Il buono e il benessere.

L’azienda del Podere Vecciano prende il nome dal luogo in cui l’azienda sorge, sulle colline dell’entroterra riminese, producendo vini eccellenti grazie all’ottima esposizione dei vitigni e a una passione genuina.  

All’agriturismo San Rocco, oltre ai vini e all’olio a km 0, si può trovare la cucina romagnola più tipica e camere accoglienti per concedersi un tempo di relax, immersi nella natura di Verucchio.

L’azienda San Valentino, con i suoi vigneti che si estendono su una superficie di 17 ettari in proprietà, propone visite e degustazioni alla scoperta di una produzione di vini eccellenti e completamente biologici.

Alla cantina Fiammetta in 14 ettari di terreno destinato esclusivamente ai vigneti tramandano una tradizione di famiglia che dà vita a ben 9 vini, tutti prodotti con uve biologiche. In una splendida e fortunata posizione, in cui il panorama abbraccia la Valconca e il mare, con fattoria, vigneto e bosco didattico.

La Tenuta Santa Lucia si trova sulle colline di Mercato Saraceno, a 250 m sul livello del mare. Qui i vigneti sono coltivati seguendo le regole dell'agricoltura biologica, con una recente svolta verso il biodinamico. La passione che non si ferma.

La Tenuta Santini, in terra di Coriano, con i suoi 28 ettari, ha scritto molta della storia del suo territorio. Se dici “Beato Enrico” non stai facendo solo il nome di un vino. Legata all’antica tradizione ma con un vigore nuovo, l’azienda tiene viva la forza delle proprie radici.  

Infine, la cantina Pastocchi, tra San Marino e il mare, in una valle protetta dal vento e col beneficio del sole e al centro la vigna, produce vino e coltiva olive. Non manca la sala per le degustazioni per veri appassionati. 

Ma siamo sicuri che a questo punto, se non lo eravate, lo sarete diventati.

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Conoscere da vicino i luoghi e il territorio, avvicinarsi alla genuinità dei gesti e dei sapori semplici…

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    Fiera del Formaggio di Fossa di Sogliano

    Home / Emilia Romagna / Eventi

    Fiera del Formaggio di Fossa di Sogliano Dop

    Tra novembre e dicembre, la tradizionale festa dell’oro giallo di Sogliano

    Articolo di: Mauro Del Zoppo
    Lettura: 4 minuti

    La Romagna è terra di grandi tradizioni culinarie e di prodotti straordinari. Uno di questi è senza ombra di dubbio il Formaggio di Fossa. Un formaggio molto speciale, tradizionalmente prodotto a Sogliano al Rubicone e nelle zone limitrofe, dalla morbidezza, fragranza e odore veramente unici.

    Ma qual è l’occasione perfetta per gustare questa specialità esclusiva? A Sogliano tutti gli anni si svolge una grande festa dedicata proprio al prodotto orgoglio della città, le ultime due domeniche di novembre e la prima domenica di ottobre.

    Una vera opportunità per degustare i prodotti tipici soglianesi e romagnoli, nella bellissima cornice di un piccolo borgo medievale circondato da panorami mozzafiato.

    Quest’anno, il 20 e 27 novembre e il 4 dicembre, non perderti la Fiera del Formaggio di Fossa di Sogliano Dop!

    [Foto di Visit Sogliano]

    Adatto a :

    Tutti i buongustai e chi vuol assaggiare una vera eccellenza romagnola

    Mezzo :

    Passeggia senza fretta tra gli stand e i profumi della Fiera

    Durata :

    Le domeniche 20, 27 novembre e 4 dicembre 2022

    La sfossatura

    Il rito della “sfossatura” dei formaggi avviene tradizionalmente il giorno di Santa Caterina, il 25 novembre. Ma perché proprio questo giorno? Si racconta che la martire venne condannata a morte per decapitazione, ma dal suo collo non sgorgò sangue… ma latte!

    La Tradizione in strada

    L’appuntamento con i sapori tipici di una volta è ormai fisso, pensa che quella del 2022 è la 47° edizione della Fiera. Un’autentica kermesse del gusto, dove i migliori ristoratori, produttori e soprattutto “infossatori” della zona, si trasferiscono negli stand e nelle casette in legno sparse per il borgo, e dove ciascuno interpreta e propone in maniera personale il formaggio di fossa, abbinandolo ad altri prodotti locali, come la pasta fresca, il savòr, la saba, il miele e i salumi.

    La Pro Loco di Sogliano è l’associazione che organizza la fiera, grazie al prezioso aiuto dei tantissimi volontari, ed è anche il punto di riferimento dove assaggiare le specialità.
    La preparazione dei piatti inizia già dai giorni precedenti alla Fiera, quando le sfogline iniziano ad impastare e a tirare a mano la pasta, come gli gnocchi, le tagliatelle e i passatelli. Poi ci sono le grigliate di carne, le erbe cotte, la sempre presente piadina romagnola… e il formaggio di fossa naturalmente!

    Oltre al cibo, tanti eventi

    Oltre che l’inconfondibile profumo, camminando per Sogliano sentirai anche la musica delle bande che allietano i visitatori. In queste 3 domeniche, infatti, il calendario è ricco di eventi, come spettacoli teatrali, concerti, convegni e l’immancabile area dedicata ai bambini ed al divertimento, con animazioni e i divertentissimi giochi antichi. Anche i musei rimangono sempre aperti durante la Fiera: lo sai che solo a Sogliano ce ne sono addirittura 7? Inevitabile è il Museo del Formaggio di Fossa, poi ci sono il Museo del Disco d’Epoca, la Collezione di Arte Povera, il Museo della Linea Christa, il Museo Leonardo da Vinci e la Romagna, il Museo minerario e la Raccolta Veggiani.

    L’eccellenza 100% soglianese

    Il Formaggio di Fossa è ormai rinomato in tutto il Paese, ed è riconosciuto da tutti come prodotto di élite, un vero orgoglio made in Romagna. La consistenza e il sapore così distintivo che proviene da quel riposo nelle fosse lo rendono veramente unico, un formaggio ricercato dai cuochi e dai golosi di tutt’Italia, e non solo.

    L’abbinamento perfetto? Il maggior consenso ci dice con il Savòr, una sorta di marmellata fatta con mosto di vino, frutta secca e frutta selvatica. Nessuno sa bene le proporzioni o gli ingredienti precisi… la ricetta è infatti segreta, e tramandata di generazione in generazione dalle famiglie di questi luoghi.

    Da provare anche con la saba, uno sciroppo fatto con mosto d’uva e zucchero, considerato un vero e proprio conservante naturale… Più passa il tempo più diventa buono!

    È ottimo anche accompagnato da un buon miele di castagno, e un bel bicchiere di vino rosso naturalmente. Magari di vin brulè, l’ideale per scaldarsi nei primi freddi autunnali. Una leggenda locale racconta che il Formaggio di fossa sia anche afrodisiaco… chissà, sicuramente sappiamo che è un prodotto DOP!

    Dal 2009 ha ottenuto la prestigiosa denominazione, diventando ufficialmente “Formaggio di Fossa di Sogliano Dop”. Il marchio delimita un territorio di produzione ben preciso, e tutela i vari passaggi nella produzione del latte, nella caseificazione e nella maturazione.

    Produrre un formaggio DOP non è affatto semplice, anzi! Si parte dal controllo dell’alimentazione animali, poi quella del loro latte, fino ad arrivare alla caseificazione. Prima di essere calate nelle fosse, le forme devono raggiungere un certo grado di maturazione, devono essere abbastanza stagionate. Appurato ciò, inizia la fase di infossatura, rigorosamente in alcune fosse storiche “ufficiali” e censite al Comune, profonde circa 3/4 metri. Durante questi mesi sotto terra il formaggio si trasforma, cambia forma, colore e sostanza, e perde una buona percentuale di grassi e di lattosio, facendolo diventare un prodotto indicato a tutte le diete.

    L’ultimo controllo di qualità e igienico-sanitario viene eseguito all’uscita a novembre: se tutti questi passaggi vengono rispettati, il laboratorio rilascerà la certificazione DOP.

    Una storia lunga mezzo secolo

    Ma se quella del 2022 è la 47° edizione della Fiera, in principio a chi sarà venuta l’idea di organizzare una festa dedicata al Formaggio di Fossa?

    La storia ci racconta che i contadini della zona, in agosto, avevano pronti i loro formaggi, di vacca o di pecora. Tutte le forme che eccedevano dal consumo personale familiare venivano portate nelle “fosse”.

    A novembre, dopo la maturazione, uscivano dalle fosse con i loro formaggi, e quelli in più li potevano vendere agli interessati.

    Con la nascita della Pro loco, negli anni ‘70, arrivò anche l’idea di organizzare una piccola sagra per celebrare questa cerimonia che si ripeteva ogni anno. Si iniziò con un ombrellone e un paio di tavolini: tutto quello che bastava ai contadini per appoggiare i loro formaggi e venderli ai passanti. Il resto, è storia!

    Formaggio di Fossa di Sogliano DOP

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    Formaggio di Fossa di Sogliano DOP, un'eccellenza 100% romagnola

    Quando il pregio dell'aroma arriva dalla stagionatura nelle antiche fosse

    Articolo di: Greta Albani
    Lettura: 3 minuti

    Un formaggio esclusivo e dal sapore caratteristico, prodotto unicamente nelle province di Forlì-Cesena, Rimini e in alcune zone del Montefeltro e Val Metauro.

    È una produzione molto speciale, originaria della zona di Sogliano al Rubicone e Talamello. Oggi lo puoi trovare anche a Mondaino e Sant'Agata Feltria, dove prende il nome speciale di “ambra” dato dal suo conterraneo più famoso, il poeta Tonino Guerra.

    E non dire che è puzzolente! Perché in fatto di formaggi, se non lo sai, più sono pungenti al naso più sono stimati e ricercati.

    L’hai mai assaggiato? Il suo aroma erbaceo ricorda il legno e gli elementi tipici della terra. A tratti dolce a tratti piccante, con un profumo unico nel suo genere acquisito dalla particolare stagionatura in grotte di tufo sotterranee, chiamate appunto “fosse”.

    [Foto di Visit Sogliano]

    Il segreto è nella fossa!

    E infatti non è mica un semplice formaggio, è un D.O.P.. Dal 2009 il disciplinare di denominazione di origine protetta ne identifica il tipo di latte usato, che può essere vaccino, pecorino o misto, ed il territorio di produzione, ovvero le peculiarità delle fosse in cui le forme maturano e si affinano.

    Ma come sono fatte queste fosse? Immaginale come uno scrigno, dove al riparo della luce “si forma” un vero e proprio miracolo. Ma ci sono fosse e fosse, e non sono tutte “all'altezza” del compito: sono infatti messe alla prova per 3 anni prima di essere scelte per questa importante produzione.

    Curiosità: sono alcune particolari colonie di “batteri” che vivono nelle fosse sotto terra a dare quel sapore distintivo al formaggio durante la stagionatura.

    Il rituale dell’infossatura: quando procrastinare ha i suoi vantaggi

    Le fosse prescelte accolgono il formaggio ogni anno a partire dal 15 agosto, quando contadini e privati lo portano a maturare nel “tempio” scavato sottoterra, che prima viene bruciato con della paglia.

    Solo dopo qualche mese di fermentazione (precisamente 100 giorni) il formaggio acquista il suo aroma caratteristico ed è pronto per essere prelevato dalle fosse e gustato!

    Una eccellenza che merita l’attesa

    Le fosse si aprono il giorno di Santa Caterina, il 25 novembre: è a tutti gli effetti l’appuntamento più atteso della zona, un’occasione imperdibile per fare una grande festa! Un’opportunità di vanto anche per gli stagionatori, che dopo la produzione del formaggio sono i veri eroi del paese. Per un'esperienza olfattiva unica programma una visita nelle zone "protette” durante l’apertura delle fosse: le strade verranno letteralmente invase dall’avvolgente “profumo”.

    Curiosità: pare sia stata la famiglia Malatesta la prima a regolamentare il metodo di infossatura di questo formaggio: l'influenza malatestiana è il filo conduttore dalla storia alla tavola, origine di eccellenze e tradizioni immortali.

    La storia

    Il Formaggio di Fossa nasce attorno al 1400 grazie ad un avvenimento particolare: quando i contadini nascosero il formaggio e le provviste per metterle al sicuro dai furti barbari nelle fosse sotto terra, solitamente utilizzate come deposito e conservazione di cereali. Tornando a riprendere il formaggio si accorsero che aveva raggiunto un sapore molto particolare.

    Pare che da quel momento in poi, le fosse di tufo di quella zona iniziarono a far spostare anche i contadini più lontani per provare quella preziosa stagionatura. È proprio vero, “la fossa del vicino è sempre più buona”!

    In cucina 

    Il Fossa è ottimo gustato anche da solo, accompagnato sia da miele sia da conserve di frutta, come il Savòr. Nelle cucine romagnole viene anche utilizzato come variante al parmigiano per fare passatelli e risotti davvero eccezionali.

    Il consiglio prima di degustarlo: tenerlo a temperatura ambiente alcune ore per rendere il sapore del formaggio ancora più intenso. Non te ne pentirai!

    Da Misano a Onferno in bicicletta

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    Dal mare di Misano Adriatico alle grotte di Onferno in bici

    Una pedalata tra storia e borghi della Valconca e Val Ventena

    Articolo di: Massimo Colasurdo
    Lettura: 5 minuti

    Percorrere la strada sterrata lungo il fiume Conca, seguire i serpentoni e i saliscendi nella valle del Ventena, ammirare la Rocca di Montefiore da diverse angolazioni e infine pedalare sopra un crinale fatto di grotte. Ecco il nuovo percorso, un anello di 59 km che parte da Misano e arriva a Onferno passando per i borghi di Gemmano, Montescudo e Monte Colombo.

    Ad ospitare il nostro punto di partenza è l’Hotel Nettuno di Misano, gestito da 5 anni da Lorenzo e suo fratello.

    Punto di partenza :

    Hotel Nettuno di Misano Adriatico (RN)

    Grado di difficoltà :

    Medio/Impegnativo (40/70km di distanza | 800/1500m di dislivello)

    Tipologia di percorso :

    Sterrato e Asfalto

    Bici consigliata :

    Gravel, MTB ed eBike

    Info utili

    Lorenzo, gestore di Hotel Nettuno, racconta che nel periodo autunnale la chef è già al lavoro per l’anno prossimo, pronta a sperimentare sempre nuove ricette e far gustare le specialità locali con qualche novità. Per gli esploratori invece, ci sono sempre a disposizione mappe con gli itinerari del territorio. Per la bici, il primo consiglio è senz’altro la Panoramica.

    L’Ecovia del Conca fino a Morciano

    In sella. In poche pedalate si arriva alla grande rotonda del Parco Mare Nord e si imbocca via della stazione fino alla rotonda successiva. Si passa per il centro di Misano e superata la statale verso monte si accede alla ciclabile di Via Carro. Si prosegue sul cavalcavia sopra l’autostrada e si scende costeggiando l’autodromo, dove il rombo dei motori è sempre udibile in questi mesi: siamo di fronte al bacino del fiume Conca dove inizia il sentiero sterrato dell’Ecovia. Le ecovie sono un progetto del comune di Misano che prevede tre itinerari: Conca, Mare e Colline. Quello del Conca è un percorso naturalistico che parte da Portoverde e costeggia il fiume verso l’entroterra per 8 km. 

    Proseguendo la pedalata si incontrano informazioni sull’area faunistica e indicazioni sul piccolo cayon, poi si sbuca in via Fornace su una strada asfaltata con accanto il laghetto da pesca. Riprendendo il percorso si costeggia il fiume fino a Guado Pian Ventena che divide San Clemente da San Giovanni in Marignano.

    Si continua sempre con il fiume sulla sinistra e sulla destra alcuni vitigni di Cabernet Sauvignon della Ennio Ottaviani Winery di San Clemente che, con un messaggio, invitano gli ospiti dell’ecovia al riposo degustando vino e ricaricando le ebike.

    Dietro l’industria Ceramiche del Conca e all’altezza del Parco Urbano il terreno si fa più umido con tratti fangosi e si arriva sotto il ponte di Morciano, dove con una breve salita si accede alla strada asfaltata.

    Verso Gemmano, avamposto dell’Adriatico

    A Morciano si pedala sotto l’edificio ad arco dove una lastra di marmo incisa ricorda la sosta di Garibaldi nel 1859 e poi lungo Via Arno. Si imbocca via Conca dove l’area urbana è ormai già lontana, si sentono i primi spari dei cacciatori e si inizia a intravedere la Rocca di Montefiore, una presenza che ci accompagnerà per quasi tutto il percorso. Appena si inizia a salire leggermente si incontra Gracco, un ristorante di cucina tipica dai sapori ricercati, subito dopo un maneggio e a poche centinaia di metri, la prima vera salita: 3 km, pendenza media del 7,5% fino a 390 metri di altezza.

    Siamo a Gemmano, il cartello all’entrata riporta “città delle grotte” e un invito a rallentare perché in questo paese i bambini giocano ancora per strada. Poi arrivati sotto la cinta muraria, appare una grande insegna “Benvenuti a Gemmano” e finalmente si entra nel borgo, il punto più alto nella Valconca della provincia riminese.

    Gemmano è conosciuta principalmente per due motivi: la linea gotica e le grotte di Onferno

    I primi di settembre del 1944 il paese fu distrutto in seguito alla battaglia per lo sfondamento della linea gotica da parte di inglesi, indiani e nepalesi verso le zone occupate da tedeschi e austriaci. Nel punto panoramico del borgo si trova una mappa ovale fatta in mosaico che illustra i territori della linea gotica e alzando lo sguardo è possibile ammirare la sagoma, ben visibile, della Rocca di Montefiore. Alcuni cartelli e foto dentro al borgo ricordano poi la tipica struttura medievale del paese e testimoniano come la ricostruzione nel dopoguerra l’abbia resa più moderna, ma sempre caratterizzata dalle mura che la circondano. 

    Onferno e le sue grotte

    Da Gemmano inizia la discesa, si incontra il Bar Sport con imprese sportive disegnate sui muri e l’insegna "Strada dei vini e dei sapori dei Colli di Rimini", un’associazione di promozione del territorio della Valconca e della Valmarecchia che organizza tour enogastronomici in alcune cantine della zona. 

    Poi si prosegue con un bel serpentone e curve a gomito fino a imboccare via provinciale Onferno e continuare a scendere fino a 160 metri di altitudine. Siamo circondati da colline verdi dalle forme sinuose e attraversiamo la Riserva Naturale Orientata di Onferno nella valle del Ventena che ospita diversi itinerari come il sentiero della Madonna della Pioggia, il sentiero del Faggio e il sentiero botanico. Dopo poco riparte la salita, 2,5km e dislivello medio del 7,6% fino al Castello di Onferno, anticamente Castrum Inferni, e al Museo della Riserva, dove si accede alle grotte.

    Le grotte di Onferno si sono create come fenomeno carsico: un fiume che ha scavato rocce gessose dando luogo a cunicoli, stanze, anfratti per circa 750 metri. L’esplorazione completa delle grotte risale al 1916. Al pubblico sono aperti circa 400 metri di percorso e un dislivello di 64 metri che è possibile visitare per circa un’ora con guida e attrezzatura fornita dallo staff. La grotta ospita una colonia di 8000 pipistrelli di diversi tipi: una mappa all’entrata ne illustra almeno 6.

    Montescudo-Monte Colombo e il ritorno al mare

    Si torna in sella, si riprende a pedalare su un breve saliscendi per poi trovarsi sul crinale del promontorio a 390 metri. Da qui parte una strada dritta in discesa, molto bella da percorrere, con il Monte Titano davanti. Il rettilineo poi si fa curva fino ad arrivare alla Strada provinciale Conca dove per qualche centinaio di metri ci troviamo nelle Marche. Inizia il rientro verso mare. Dopo un tratto di provinciale si gira a sinistra in direzione del primo dei due borghi uniti dal 2016 nel comune di Montescudo-Monte Colombo.

    Riparte la salita e in 3 km si arriva a Montescudo. Cuore del borgo è la Piazza del Comune con un pozzo centrale e la Torre Civica unita tramite cunicoli alla Rocca quattrocentesca. A 2 km da qui è possibile visitare anche il Castello di Albereto, ora sede dell’omonimo ristorante che offre piatti della tradizione romagnola del Montefeltro con qualche elemento asiatico.
    Si prosegue e dopo solo 1 km siamo a Monte Colombo, si passa per la piazza semicircolare su via Bologna e ci si ferma all’imbocco di Vicolo Malatesta, dove il campanile, il passaggio ad arco e la torretta bassa e circolare creano uno scorcio molto suggestivo. Usciti dal paese, invece di seguire la strada principale verso Croce e San Savino, si imbocca a sinistra la via che costeggia il Rio Melo e che arriva a Coriano. Da qui si scende verso la zona industriale di Riccione fino a imboccare il lungomare che ci riporta a Misano.

    Si conclude così questo percorso autunnale di media lunghezza. Quattro salite e 980 metri di dislivello, che, come disse un’altro appassionato ed eroico ciclista di inizio ‘900 si superano “faticando concordi, sani, contenti”.

    L'Hotel Nettuno

    Hotel Nettuno è molto apprezzato per la vicinanza alla spiaggia, a solo qualche decina di metri, ed è a ridosso dell'isola pedonale, perfetta per passeggiare la sera o farsi una bella pedalata.
    Ma la punta di diamante dell'hotel è la cucina: qui potrai assaporare le migliori specialità nazionali e del territorio romagnolo, tutte preparate con prodotti freschi, genuini e provenienti dai contadini locali.

    Ristorante Dallo Zio

    Ristorante Dallo Zio, cucina di mare e di terra a Rimini

    Il Ristorante che sa ripetere una storia tutta nuova

    Rimini, Via Santa Chiara 16 – 47921 RN

    Ristorante Dallo Zio | Rimini | Cucina del territorio di mare e terra / Tel. 0541 786747

    Articolo di: Paola Russo Russo
    Lettura: 6 minuti

    Amore a prima vista

    Tra quelli del centro di Rimini, il “Ristorante dallo Zio” è proprio quello che non ti aspetti. Ci vai appositamente perché lo conosci o perché la sua fama lo precede, oppure, se ti capita di passarci per caso, ti cattura e ti fa innamorare. Letteralmente. Sarà per quella sensazione di cambiare epoca, appena dopo aver imboccato via Santa Chiara, a due passi dal bellissimo Arco di Augusto, trovandoselo sulla sinistra col suo stile retrò da vecchia trattoria, l’insegna scritta sul muro, il carattere che fa pensare alle cose semplici e lineari, ai luoghi che dicono “casa” senza avere bisogno di grandi orpelli. Sarà perché quando si entra la promessa viene mantenuta e rinnovata, con arredi che sanno di passato e futuro, il grande specchio inclinato alla parete, i pavimenti che ricordano le case di infanzia, l’accoglienza schietta e piena di cura. 

    Dal 2021 il “Ristorante dallo Zio” è stato inserito nell’Albo delle botteghe storiche del comune di Rimini, un’attestazione che gli conferisce ancora di più un’aria di famiglia e comunità, una patente di storia e tradizione.

    Il locale originario nacque infatti nel 1965. Era il ristorante di Saura Stianti e Giovanni Santolini, appunto lo Zio. All’inizio era casa e bottega, con il ristorante e l’abitazione nello stesso palazzo. 

    Ora il ristorante ha preso tutto lo spazio, sviluppandosi su due piani in tre sale.

    Adatto a :

    Chi vuol assaggiare l'autentica cucina di mare riminese, senza dimenticare le tradizioni e i prodotti di terra

    Durata :

    Un pranzo o una cena sena fretta, slow come le specialità che vengono preparate

    Periodo consigliato :

    Non c'è stagione che tenga... è sempre buono!

    La seconda vita, per puro caso. Da Saura e Giovanni a Enrica e Giuliano

    La seconda vita del Ristorante comincia nel 2003 quando il locale viene acquisito da Giuliano Canzian ed Enrica Mancini. È stato un passaggio di consegne in cui il destino ci si è messo proprio di impegno. Lo ha raccontato Enrica in un'intervista e da allora questa storia ci sembra ancora più bella.

    Una sera Enrica e Giuliano sono seduti in un pub con degli amici, e ascoltano una frase che cambia per sempre la loro vita: “Mi sono stancato, al primo che passa gli lascio il ristorante”. A pronunciarla, proprio a portata delle loro orecchie e dei loro sogni, è il vecchio proprietario del Ristorante dallo Zio. 

    Nel giro di pochi mesi il Ristorante passa alla loro gestione. 

    Giuliano è lo chef, Enrica è in sala e si occupa dell’amministrazione. Lei lavora in banca e per un po’ ci prova a fare entrambe le cose, ma poi ci prendono talmente tanto gusto da diventare da allora due fondamentali figure di riferimento della ristorazione riminese. Si occupano infatti anche di altri storici ristoranti su Rimini: Biberius, Trattoria la Marianna, l’Osteria de Borg, Nudecrud e Amorimini. 

    Ma “Dallo Zio” è stato il primo, e quel nome da capostipite gli sta perfetto.

    Oggi come allora

    Oggi come nel 1965, la cucina del Ristorante Dallo Zio propone piatti preparati con le migliori materie prime del territorio. La cucina è principalmente di mare, ma non dimentica le proprie tradizioni contadine ed i prodotti della vicina campagna. Recupera i sapori del passato e li ripropone in maniera semplice ma curata. Ricette perdute, sapori ritrovati. Perdere un sapore è come perdere un sapere e non possiamo fermare la cultura gastronomica che è cultura di vita”.

    Si apre così la seconda pagina di un menù in cui perdersi. Sfogliandolo è sempre più chiaro che la tradizione gastronomica romagnola è alla base di ogni singolo piatto, tenendo vive le storie di cucina più antica e familiare, attraverso piatti che vengono spiegati nel dettaglio, come i Patacotc che, come tutta la pasta fresca proposta, vengono preparati ogni giorno a mano dalle “zdore” utilizzando esclusivamente la farina del molino “Ronci” e uova da galline allevate a terra. Così la tradizione si rinnova con una nuova cura nei dettagli. Infatti Giuliano Canzian è riuscito nella sua missione di proporre piatti unici e nuovi, pur rimanendo sulla scia di un omaggio alla tradizione e alla storia da cui tutto questo arriva. 

    Giuliano ed Enrica alla cucina di mare hanno affiancato, con grandissima competenza e visione, quella di terra. Parliamo di competenza e visione non a caso, vista la selezione dei tantissimi prodotti riconosciuti come Presidi Slow Food, che valorizzano il territorio a sostegno delle piccole produzioni eccellenti e della biodiversità. Ai prodotti, provenienti esclusivamente dal territorio riminese, vengono accompagnati i vini di selezionate cantine locali e nazionali.

    Il piacere inizia già dal menù

    Divisi tra mare e terra, gli antipasti, i primi, i secondi, i contorni, i dolci e i formaggi, fanno del menù del “Ristorante dallo Zio” una specie di mappa del tesoro, che indica sempre cosa mangi e anche da dove provengono le materie prime: in un elenco dettagliato di prodotti e produttori romagnoli che rende omaggio, dividendosi il merito di una proposta tanto accurata.

    Il menù di pesce offre una selezione di crudo eccellente e sempre freschissimo. Tra antipasti caldi e freddi, verrebbe voglia di non scegliere e provare tutto. I primi di mare sono rigorosamente di pasta fresca, in abbinamenti e preparazioni che è possibile trovare solo qui. Mentre i secondi si dividono ulteriormente in secondi alla brace, fritti e al forno.

    Anche il menù di carne offre eccellenze del territorio e un gran sapore di tradizione. Già “sulla carta” appare la vera anima del ristorante che custodisce il primo segreto di una grande cucina: essere autentici, nel nome di una tradizione comune, ma allo stesso tempo completamente diversi da tutti gli altri. Unici.

    “Dallo Zio” è citato nella Guida Michelin, nel Golosario, nella guida I Ristoranti e i vini d’Italia, in quella dello Slow Food, oltre che essere recensito benissimo in tutti i portali su cui lo si incontra. La cucina di Giuliano Canzian parla la lingua e il sapore della freschezza e dell’eccellenza delle materie prime. Tutto il resto è l’esperienza che farete voi, facendo sul menù la vostra scelta. E tornando per fare quelle a cui avete dovuto rinunciare la prima volta.

    La storia in ogni dettaglio dell’arredamento

    Così, in un’antica casa ottocentesca, che sa mantenere l’atmosfera senza mai fingere qualcosa che non è, pur nel rinnovamento degli ambienti e dopo gli ultimi lavori di ristrutturazione del 2017, si è deciso di mantenere i particolari che ricordassero una lunga e intensa storia. Sono dettagli che si incontrano nelle finestre, mantenute come in origine e sempre aperte sul vicolo su cui il ristorante si affaccia.

    Da questa dimora accogliente si può assistere alla vita di paese che passa lì di sotto. E anche sotto i vostri piedi succede qualcosa, mentre si cammina sui pavimenti in graniglia, originali, dell’epoca, con la sensazione di calpestare il tempo all’indietro, tornando bambini.

    Le pareti dai colori caldi e intensi, come il rosso, che si affacciano sulla viuzza Santa Chiara, le credenze con le bottiglie di vino, i liquori e i distillati, che mantengono l’aspetto di un tempo. La scelta delle sedie strizza l’occhio a uno stile antico che si abbina bene alla selezione di piatti e posate. 

    Perché qui niente è lasciato al caso e la cura del tempo passa in preziosi dettagli.

    L’esperienza dello chef

    Tutto quello che si vede è reso ancora più prezioso da quello che non si vede e da chi lo fa accadere in cucina: Giuliano Canzian.

    Diplomato alla scuola alberghiera, originario di Domodossola, col cuore trapiantato in Romagna, durante gli anni scolastici si è avvicinato all’etica slow food, che ha fortemente influenzato la sua formazione. Dopo essersi fatto la sua esperienza nei ristoranti della Romagna, nel 2003 ha realizzato il suo sogno aprendo il suo primo ristorante in terra riminese. Su questa strada, lui e sua moglie Enrica non si sono mai fermati e oggi si occupano con grande riscontro della gestione di un gruppo di ristoranti che a Rimini portano una serie variegata di proposte culinarie, in luoghi belli e curati in cui il piacere di mangiare raddoppia.

    Giuliano studia i menù, ricerca i prodotti, e sceglie con cura i fornitori locali, ma rimane un appassionato di cucina puro, alla continua ricerca di esperienze e nuove proposte. Proprio nell’ottica di una sperimentazione continua, ha capito presto l’importanza della tecnologia, nell’ambito della cucina, che diventa un mezzo per la creazione di nuove pietanze. A questo abbina una grandissima attenzione ai metodi di cottura, per preservare i nutrienti degli alimenti, sperimentando da sé passaggi e soluzioni.

    Mettiamoci a tavola, finalmente

    Al Ristorante dallo Zio ci si siede in un modo, ci si alza diversi. Generalmente felici. In ogni assaggio, tradizione e innovazione si uniscono a tavola, lasciando il sapore di una continua ricerca e di una selezione accurata delle materie prime, che segue la stagionalità e i ritmi delle attività locali, come la pesca. Insomma, che è buono si sente benissimo.

    La carta del menù si apre subito con le sue specialità, partendo dal pane fatto “in casa”, in una varietà che passa anche da grissini, focacce e l’immancabile piadina.

    Se poi siete venuti qui appositamente per mangiare il pesce, avete fatto centro. Scampi, mazzancolle, gamberi, ostriche e seppie sono i frutti del Mare Adriatico, e lo chef e la sua brigata sanno come renderli indimenticabili, tra crudi e cotti. In alternativa si potranno sempre scegliere le entrée di terra, con degustazioni di salumi, culatello pregiato e salame, e i rinomati formaggi provenienti da caseifici biologici del territorio.

    Quando comincia la danza dei primi, sia di carne che di pesce, si potrà scegliere tra ravioli, cappelletti, tagliatelle, passatelli e il patacotc, la pasta tipica del dopoguerra riminese, la cui storia viene offerta nelle pagine del menù ancor prima che al palato. 

    I secondi di mare, tra quelli alla brace, fritti e al forno, con calamari, sardoncini e pescato del giorno, sono la punta di diamante delle specialità del ristorante. Se si preferiscono quelli di carne, qui mora romagnola e galletto non deludono mai. D’accompagnamento ci sono i contorni tipici e, per concludere, i dessert, mai banali. A noi sono rimasti impressi il gelato alla rapa rossa e la Romagna cheesecake. Ma torniamo per assaggiare gli altri e toglierci il dubbio.

    Si può dire di aver vissuto un’esperienza solo provandola di persona. Prenotare “Dallo Zio” è un bel modo per farlo.

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      Faenza, la capitale della Ceramica

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      Alla scoperta di Faenza: l'antica città delle ceramiche

      Lo splendore di un'arte immortale che resiste al tempo e continua ad incantare

      Articolo di: Redazione
      Lettura: 4 minuti

      Incorniciata tra le prime colline dell’Appennino ravennate, lungo la millenaria e celebre Via Emilia, si trova la graziosa città d’arte di Faenza.

      Abitata fin dall’antichità, con profonde origini etrusche e romane, Faenza è famosa in tutto il mondo per la meravigliosa arte della ceramica: ancora oggi le sue vie sono piene di caratteristiche botteghe di artigiani ceramisti che creano oggetti per la cucina e d’arredo davvero unici.
      E di certo non poteva mancare un museo dedicato: il Museo Internazionale delle Ceramiche che raccoglie meravigliose opere da tutto il mondo!

      Sicuramente uno dei motivi principali per cui vale la pena visitare la città è per le grandi bellezze storico-artistiche, ma anche per le grandi aree naturali che si trovano nelle sue vicinanze.

      Adatto a :

      Chi vuol rimanere incantato dalla bellezza di ceramiche famose in tutto il mondo

      Mezzo :

      Passeggiando tranquillamente tra le strade e le botteghe della città

      Periodo consigliato :

      Tutto l'anno, grazie alle iniziative culturali, mostre e mercati

      Curiosità

      Oltre che faentini, un altro nome con cui vengono chiamati i cittadini di Faenza è "manfredi", dal nome della famiglia che per secoli governò la città e le cui vestigia sono tutt’oggi visibili.

      L’antica arte della maiolica faentina

      Oltre ad essere un'importante città artistica, Faenza è considerata la capitale della ceramica per la sua tradizionale manifattura della maiolica d’arte, largamente esportata fin dall’epoca rinascimentale in tutta Europa. 

      Tra la metà e la fine del ‘500 i maestri della ceramica elaborarono un particolare rivestimento per la terracotta, la cosiddetta “maiolica bianca” che divenne  ricercatissima anche in Europa e così tanto celebre che i francesi iniziarono ad utilizzare il termine faience (traducendo il nome della città romagnola) per indicare la maiolica in generale. Visitare le tipiche botteghe faentine è il miglior modo per scoprire tutto su questa antica arte. Ce n'è davvero per tutti i gusti, ognuna con il suo stile e le sue caratteristiche, dai più tradizionali a pezzi di design.

      Chi invece desidera produrre con le proprie mani il souvenir di Faenza da portare a casa, ha la possibilità di partecipare a uno dei corsi tenuti in città.

      Museo delle Ceramiche, con opere da tutto il mondo

      Oggi la documentazione della produzione della ceramica può essere ammirata nel Museo Internazionale delle Ceramiche; nato per acquisire, conservare e promuovere la produzione di ceramica, ne è ormai diventato il tempio mondiale. Sono oltre 13.000 le opere che testimoniano le produzioni ceramiche di ogni epoca e continente, da antichi reperti di area mesopotamica a oggetti contemporanei prodotti perfino da Picasso, Matisse e Chagall

      Naturalmente abbondano produzioni faentine, come i vasi, i bicchieri e i piatti medievali con essenziali decorazioni e le successive opere del rinascimento e del barocco che hanno visto un nascere di stili innovativi. Al suo interno troverai anche una storica biblioteca aperta al pubblico, contenente ovviamente, un numero elevatissimo di volumi relativi all'arte della lavorazione della ceramica.

      Piazza del Popolo e Piazza della Libertà: i due cuori pulsanti

      Centro nevralgico e punto di ritrovo di Faenza, Piazza del Popolo è la suggestiva e storica piazza del centro storico cittadino.
      Qui si affacciano i più importanti palazzi storici della città: Palazzo Manfredi e il Palazzo Podestà entrambi caratterizzati da eleganti e armoniosi porticati.

      Nelle serate del weekend la piazza si anima di giovani e i locali mettono tavoli e tavolini all'aperto per permettere agli avventori di cenare, fare uno spuntino o gustarsi un drink all'aperto.

      Contigua a Piazza del Popolo troviamo Piazza della Libertà che espone tratti architettonici molto diversi. Su di essa si affaccia l’imponente Cattedrale di San Pietro Apostolo, duomo della città risalente al XV secolo.
      L'esterno della cattedrale è reso ancor più maestoso dall'ampia scalinata che conduce all’ingresso e dall’alto campanile laterale. 

      La maestosità continua all’interno, in quanto il duomo è anche uno scrigno di opere d’arte in quanto ne conserva diverse del periodo rinascimentale, soprattutto sculture e affreschi.
      Al centro della piazza sorge poi la bellissima Fontana Monumentale seicentesca, ideata da Domenico Paganelli. Ornata da piacevoli elementi tra i quali i leoni in bronzo che la caratterizzano, dopo aver fornito per secoli acqua salubre alla popolazione locale, è rimasta ancora oggi uno dei simboli indiscussi della città.

      Palazzo Milzetti, splendore ed eleganza

      A Faenza si trova anche un prezioso gioiello, il Palazzo Milzetti, considerato un meraviglioso esempio di arte neoclassica unico in Europa, che al suo interno ospita il Museo Nazionale dell'età neoclassica romagnola. Osservando il palazzo da fuori non si può assolutamente immaginare quali tesori possa nascondere al suo interno. 

      Palazzo Milzetti stupisce ogni visitatore per le sue sale affrescate, le stanze private finemente decorate, il maestoso salone ottagonale, gli stucchi della sala da ballo e spettacolari bagni su sfondo nero. Sembra davvero di tornare indietro nel tempo e fantasticare sulla vita dei signori di una volta.

      Borgo Durbecco

      Il Borgo, espansione esterna dell'abitato di Faenza, si trova ad est delle mura della città, al di là del fiume Lamone.

      I primi insediamenti risalgono addirittura all'XI secolo. Tra i maggiori monumenti vi sono la chiesa della Santissima Annunziata, la chiesa di Sant'Antonino, la chiesa della Commenda e la cinquecentesca Porta delle Chiavi, unica superstite delle porte urbane, denominata così in seguito al dono delle chiavi della città a Papa Pio IX nel 1857.

      Parco Bucci

      Dopo aver visitato la città, ci si può dirigere verso uno dei suoi polmone verde a respirare un po' d'aria fresca e salutare. Parco Bucci è il più grande e il più famoso dei parchi faentini ed è una tappa obbligatoria per chi vuole rilassarsi, percorrere vari percorsi ed immergersi nella natura ammirando diverse specie animali come pavoni, conigli, cigni e molti altri.

      Palio di Niballo

      Parlando di usi e costumi faentini, tra le più famose e importanti tradizioni c'è sicuramente quella del Palio di Niballo, la rievocazione medievale della città che ha luogo, solitamente, nel mese di Giugno e che coinvolge i 5 storici rioni del comune.

      La gara consiste in una corsa al galoppo al termine della quale si deve colpire con la lancia, (la cosiddetta ‘bigorda’ lunga più di due metri e mezzo), un bersaglio.
      La festa comincia già prima della data convenzionale in quanto, nei giorni precedenti, il pubblico può assistere gratuitamente alle prove, mentre il giorno del Niballo vero e proprio si accede alle tribune numerate e al prato a pagamento. Molto bello anche il Corteo Storico che precede la manifestazione e a cui prendono parte oltre 400 figuranti che rappresentano i rioni.

      Uso e Rubicone Bici Tour

      Home / Emilia Romagna / Sport e Avventura

      Una pedalata in Romagna, tra i fiumi Rubicone e Uso

      In bici dal mare di Bellaria, passando per Santarcangelo, Torriana, Sogliano e San Mauro

      Articolo di: Massimo Colasurdo
      Lettura: 5 minuti

      Per iniziare la stagione autunnale abbiamo pensato ad un percorso in parte su fondo sterrato, tra eccellenze gastronomiche e tradizione poetica con soste in alcuni borghi romagnoli.

      Questo itinerario ad anello di 66,8 km e dislivello di 690 metri parte dal lungomare riminese, tocca Torriana e Sogliano e rientra lungo il Rubicone e le sue città. Punto di partenza l’Hotel Roma di Bellaria.

      Punto di partenza :

      Hotel Roma di Bellaria (RN)

      Grado di difficoltà :

      Medio (40/70km di distanza | 0/800m di dislivello)

      Tipologia di percorso :

      Sterrato e Asfalto

      Bici consigliata :

      Gravel, MTB ed eBike

      Che storia!

      Daniele, gestore di Hotel Roma, racconta come l’albergo di famiglia ha fatto la storia: fu occupato e distrutto durante la guerra e ricostruito da suo nonno. Nel 2018 una grande festa per gli 80 anni, con tanto di servizio in TV. Quando si parla di bici, di entroterra romagnolo e di mete preferite dai turisti, Daniele non ha dubbio, “la più apprezzata è senz’altro Santarcangelo”.

      Dai sentieri dell’Uso a Santarcangelo

      Si lascia l’hotel, si supera la Stazione e si entra brevemente sul corso principale, Via Pascoli, dove troviamo alcune bancarelle. Si supera il fiume e l’autostrada e si percorre via Fornace in fondo alla quale si entra nei Sentieri del fiume Uso.

      L’Uso nasce dal monte della Perticara tra la provincia di Forlì-Cesena e Rimini e scorre per 49 km fino al mare Adriatico. I sentieri sono nati come percorso ciclopedonale di Bellaria e San Mauro Pascoli su entrambe le sponde. Si tratta di strade sterrate e battute lunghe circa 6 km delimitate perlopiù da campi e canneti dove a tratti si può sentire l’acqua che scorre. 

      Si pedala per il tratto lungo 2 km di Bellaria e una volta usciti ci si immette in via Stradone prima e poi in via San Vito dove, prima di entrare in città, si incontra il ponte romano, detto il pontaccio, in dialetto “e puntaz”, vicino alla chiesa di San Vito e San Modesto.

      Alcuni studi hanno attestato che fosse un ponte molto grande per l’epoca, a 5 arcate e che nel ‘700 parte dei marmi furono usati per restaurare il Ponte di Tiberio di Rimini.

      Superata San Vito si prosegue verso Santarcangelo di Romagna e si arriva direttamente all’altezza del Lavatoio Comunale dove lo street artist Eron, nome d’arte di Davide Salvadei, nel 2015 ha omaggiato con una sua opera il poeta Raffaello Baldini e l’identità romagnola con una scena di vita quotidiana del dopoguerra. Santarcangelo è per l’appunto il paese di Tonino Guerra, Baldini, Pedretti e tanti altri poeti dialettali, protagonisti della straordinaria esperienza artistica del “Circolo del Giudizio”. 

      Da qui si prosegue per Via Cavour, piena di locali e persone pronte per la colazione e una passeggiata mattutina. Si esce dal borgo e si imbocca la Santarcangiolese dove si pedala per 8,5 km sulla ciclabile fino a incontrare la prima salita.

      Da Poggio Torriana a Sogliano

      Dalla rotonda si imbocca via Torrianese e inizia la fatica: 3 km, da 100 a 330 metri di dislivello, con punte di pendenza del 14%. Dopo alcune soste per riprendere fiato si arriva finalmente ad un punto panoramico in piano: siamo in piazza Salvador Allende, una terrazza sulla Val Marecchia con di fronte le sagome di Verucchio, San Marino e San Leo.  

      Scese le scale dalla piazza si trova la fontana Albero della vita, creata dal poeta Tonino Guerra per rendere omaggio al fiume Marecchia. Dall’altra parte della strada invece una casa color rosso mattone ospita uno dei ristoranti stellati della zona: l’Osteria del Povero Diavolo dello chef Giuseppe Gasperoni. 

      Si prosegue e si imbocca la strada in discesa, di fronte l’altopiano bianco della cava calbana. Una volta arrivati in fondo si prosegue lungo la strada che costeggia il fiume Uso per qualche chilometro fino ad incontrare sulla destra la salita verso Sogliano. Dopo 2 km molto serrati fatti di rapporti leggeri, gambe in tensione e pendenze al 15%, si continua con un tratto più morbido fino al centro del paese: siamo nella provincia di Forlì-Cesena vicino alle sponde del Rubicone. 

      Questo borgo di 3000 abitanti è conosciuto perlopiù per la sua eccellenza: il formaggio di Fossa di Sogliano e Talamello che è diventato denominazione di origine protetta (DOP). Si tratta di un formaggio con latte di sola pecora oppure misto (mucca e pecora) che viene stagionato per tre mesi in tipiche fosse a forma di fiasco o coniche, scavate nel tufo. Questo metodo di stagionatura risale a fine ‘400 e sembra sia stata una scoperta casuale, in seguito al bisogno di mantenere il formaggio nascosto nelle cave dei granai per evitare che truppe di passaggio potessero rubarlo. A novembre e dicembre di ogni anno viene organizzata anche la Sagra: un buon momento per degustare questa specialità, visitare le fosse e conoscere la storia di questo formaggio e dei mastri infossatori.

      Dopo 35 km è ora della sosta per il pranzo in un bar nel centro di Sogliano tra la Torre Civica e la Fontana delle Farfalle dove un mosaico colorato è il canto alla vita ideato da Tonino Guerra.

      La Ciocca e le città del Rubicone

      Usciti dal paese si scende fino all’incrocio dove si trova l’entrata del Parco le Greppe e il Monumento a Marco Pantani, inaugurato nel 2021. In questo punto infatti parte e termina la Ciocca o Cioca: 18 bellissimi tornanti (numerati) che piaceva percorrere al ciclista romagnolo durante i suoi allenamenti. Qualcuno l’ha definita anche la piccola Pordoi di Romagna. Oggi questo tratto è anche parte del Grand Tour Valle del Savio, un percorso ciclistico di 172 km interamente su fondo asfaltato che unisce la riviera adriatica all’Appennino Tosco-Romagnolo. Proprio quest’anno il Grand Tour ha vinto la Italian Green Road Award: premio che vuole valorizzare tutte le forme di turismo sostenibile e diffondere al grande pubblico i percorsi ciclopedonali italiani.

      La Ciocca termina proprio con il passaggio del Rubicone, un piccolo fiume torrentizio di soli 35 km che nasce poco sopra Sogliano e sfocia a Gatteo. “Passare il Rubicone” è ormai un modo di dire di uso comune per indicare una presa di posizione, un’azione dalla quale non si può più tornare indietro e si rifà all’atto di Giulio Cesare quando nel 49 a.C. superò il confine tra Gallia e Italia senza autorizzazione. Qui pronunciò le famose parole “il dado è tratto” e il resto è storia. 

      Dopo i tornanti ci si immette sulla provinciale che scorre lungo il fondovalle del Rubicone per ben 13 km. Strada dritta con leggeri saliscendi circondata da arnie colorate e luoghi adibiti alla produzione del miele. Al termine di questa strada si entra in città, a Savignano, e si raggiunge piazza Borghesi, davanti al palazzo del Comune, dove un grande poster ricorda il SìFest, il festival della fotografia che si tiene ogni anno a settembre ormai dal lontano 1992.

      Subito dopo si riprende a pedalare verso la vicina San Mauro, città natale del poeta Giovanni Pascoli, di cui è possibile visitare la casa, immersa in un piccolo parco, dove visse e dove ha sede il Museo Casa Pascoli. Da qui ci si tuffa nel percorso Pascoliano che dalla città del poeta del fanciullino prosegue verso Villa Torlonia o meglio Tenuta Torre, passando per la ciclopedonale del Rio Salto. Villa Torlonia è il luogo dove la famiglia Pascoli amministrava i possedimenti del principe Alessandro Torlonia, uno dei latifondi terrieri più importanti ed estesi della Romagna. La Villa ha una storia molto antica e si racconta che in età romana era chiamata Giovedia, per via di un tempio dedicato a Giove, dove, secondo la tradizione, Giulio Cesare si sarebbe fermato in preghiera dopo l’attraversamento del Rubicone, nel 49 a.C.
      Attraverso il progetto del Parco Poesia Pascoli a partire dal 2014 Villa Torlonia è stata riaperta al pubblico rendendo accessibili nuovi spazi per eventi, mostre e concerti.

      Dalla villa si riprende Via San Mauro e appena il Rio Salto incontra l’Uso, si ritrova il percorso lungo il fiume dell’andata.

      Dopo qualche chilometro si entra nuovamente a Bellaria dove, prima di chiudere il percorso ad anello, si visita la borgata vecchia, le case basse piene di murales e la torre Saracena che ospita il Museo della Conchiglia, con numerosi reperti provenienti da tutto il mondo a raccontare la vita del mare.

      L'Hotel Roma

      Attivo dal 1938 grazie alla famiglia Domeniconi, che da quattro generazioni porta avanti ospitalità e accoglienza dei turisti in riviera, questa struttura è uno dei primi hotel costruiti a Bellaria.

      Un luogo speciale, in una posizione speciale: direttamente sulla spiaggia, circondato dalla tranquillità e dal verde del grande giardino.
      La piscina vista mare, la terrazza panoramica e l'ottima cucina tipica romagnola contribuiranno alla tua vacanza da sogno. E, chiaramente, le biciclette qui non mancano mai!

      Trattoria La Marianna

      Trattoria La Marianna

      Da cent’anni e passa, il pesce fresco nel cuore del borgo

      Rimini, Viale Tiberio 19 - 47921 RN

      Trattoria La Marianna | Ristorante di pesce a Rimini / Tel. +39 0541 22530

      Articolo di: Paola Russo Russo
      Lettura: 4 minuti

      La Trattoria

      Nella mappa dei luoghi che sanno di buono nel Borgo San Giuliano di Rimini, in un itinerario che ad ogni casa racconta una storia antica, e poco distante dall’Osteria de’ Borg, sua “sorella di terra”, si trova la Trattoria la Marianna.

      Attraversando il Ponte di Tiberio, è impossibile non vederla, con la sua veranda ampia, che fa pensare al mare pur restando in città, anzi, nel cuore del borgo. Del resto un tempo la stessa Domus del Chirurgo, poco lontana, era una casa lambita dal mare.

      La Marianna si presenta subito schietta e sincera come una Trattoria di mare. Il locale è attivo dall’inzio del ’900 quando proponeva piatti a base di pescato del giorno. Vanta la sua tradizione e forte identità nelle ricette e negli arredi, nel suo sapere antico, nella sua storia di famiglia che passa da foto ingiallite ma che sentiamo ancora parlare attraverso i ricordi di chi ha custodito quella memoria. Anche per questo viene considerata il luogo per eccellenza in cui gustare i sapori del mare al borgo

      Il nome non è affatto generico: agli inizi del secolo scorso, Marianna Domeniconi sposò Guglielmo Morri la cui famiglia gestiva una piccola cantina che vendeva vino sfuso. E la Marianna, da quella piccola cantina, mise in moto una cucina che rese unica la storia che si è scritta da allora in poi.

      Adatto a :

      chi fa del pesce il suo piatto preferito

      Periodo consigliato :

      il locale è aperto tutto l'anno, ma d'estate puoi gustare i migliori sapori dell'adriatico

      La tradizione continua

      Riuscendo a conservare intatta la tradizione di questo luogo, quei piatti, allora preparati in una stanzetta adibita a cucina, sono passati attraverso più di dieci decenni, due guerre mondiali, il boom economico, la dolce vita, l’arrivo di un nuovo secolo, fino agli ultimi anni che abbiamo vissuto col cuore sospeso. Tutto è stato possibile perché gli ingredienti e i sapori sono stati tramandati con cura e attenzione, in una cucina che però non è più una stanzetta ma il vero cuore della Trattoria.

      I cent’anni di vita della Marianna sono passati già da qualche anno e ancora la sua fama viene festeggiata. Perché niente qui viene vissuto come un traguardo, ma ogni successo continua a costruire esperienza e futuro.

      Così in un momento di passaggio necessario, è stata Enrica Mancini, giovane imprenditrice della ristorazione riminese, ad aver raccolto il testimone e ad essere diventata nuova padrona di casa, con uno spirito che ha saputo preservare ogni memoria, condivisa nel nome di una comunità che riconosce in questo luogo un pezzo di storia di Rimini

      Nel borgo non è difficile ricordare avvenimenti, nomi e soprannomi, persone che hanno contribuito a portare avanti l’anima di un borgo marino in pieno centro. Molti di quei nomi e di quegli avvenimenti sono passati da qui.

      Il made in Rimini (e non solo pesce)

      Ogni piatto qui racconta qualcosa del territorio, sia che abbia lo sguardo fiero rivolto al mare, sia che offra una proposta, non prioritaria ma sempre di eccellente qualità, per carni e formaggi. 

      Stare in compagnia a tavola è uno di quei piaceri che davvero possono rimetterti al mondo e avere la possibilità di scegliere in una varietà che accontenti tutti è da sempre la migliore proposta di ogni menù. 

      Per questo, tutto quello che la Marianna porta in tavola ci tiene ad avere la garanzia di una qualità genuina e quotidiana. 

      Sono i pescherecci di questo mare che ogni giorno riforniscono la cucina, offrendo un pescato di grande tipicità nei sapori e nelle preparazioni. 

      Gli allevamenti collinari offrono invece le ottime carni, in particolare la mora romagnola. Tra i formaggi, primo fra tutti lo squacquerone, perfetto con piada e rucola, o i formaggi pecorini e caprini. La farina proviene dal molino Ronci, in Val Marecchia e le uova di galline allevate a terra, dagli allevamenti dei Fratelli Piva.

      Sia come condimento che nella preparazione delle ricette, viene utilizzato solo olio extravergine d’oliva dei colli riminesi. Anche l’acqua qui è quella del territorio: è la Galvanina, che sgorga a Covignano, sulle prime colline di Rimini. Per il vino, si può scegliere tra Sangiovese, Merlot, Pagadebit o la mitica Rebola. Non manca l’Albana, il tipico vino dolce di Romagna.

      Un'aria marittima

      Ogni singolo dettaglio qui richiama il mare. Che prenotiate un tavolo dentro o fuori, non rimarrete delusi. La veranda esterna e tutto l’arredamento del ristorante, dai tavoli alla libreria, sono realizzati in legno grezzo. Il bancone del bar è stato ricavato da una vecchia barca del porto di Rimini. L’azzurro e il bianco sono i colori predominanti. Gli antichi moniti della navigazione accolgono gli ospiti del ristorante, lasciando una scia di fascino e tradizione marina, come pure lo stemma della Marina Militare all’esterno.

      Storie e storia da sfogliare si trovano nella libreria all’interno, piena di libri e manuali, molti a tema marino, altri nel segno del racconto di Rimini.

      Sardoni patrimonio regionale

      L’offerta della trattoria, spazia dagli antipasti (non perdetevi quello con le canocchie), ai primi con le tagliatelle fatte a mano (quelle condite con triglie e mazzancolle sono le nostre preferite), alle grigliate miste sulla base del pescato del giorno, al fritto. Ma se dovessimo scegliere tra tutte le portate quella che davvero vorremmo portarci a casa, non potremmo non raccontare dei Sardoni al testo, con radicchio e cipollotto. E allora proviamo a dare la ricetta, in modo da avere a disposizione, ogni volta che vogliamo, questo piatto della tradizione, povero e ricchissimo allo stesso tempo.

      Gli ingredienti - per 4 persone che le mangiano per antipasto o per 2 che si fanno una scorpacciata - sono: 1 kg di sardoni rigorosamente provenienti dal mare di Rimini, 200 gr di pangrattato, 4 mazzi di radicchio verde, 2 teste di cipollotto, aceto di vino, sale, olio e prezzemolo, sempre q.b. 

      Procediamo. Innanzitutto i sardoni vanno puliti, privandoli di testa e pancia, dopodiché vanno lavati, scolati e asciugati. Va poi condito il pane con sale e olio - mentre i sardoni a parte con aggiunta di prezzemolo - e poi va unito tutto il pesce al preparato. Utilizzando 4/5 sardoni per ogni singolo spiedino avremo un bel “bouquet” di sardoni. Gli spiedini vanno cotti sul testo della piada o, in alternativa, sulla griglia a carbonella. Serviti immediatamente e gustati con piada calda, insalata di radicchio verde e cipollotto, condita con sale, olio e aceto di vino, sono uno spettacolo per il palato.

      L’operazione difficile non sarà prepararli, ma non finirli subito.

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        Osteria de Borg

        Osteria De Borg, ricette della tradizione a Rimini

        I sapori della terra di Romagna, nel Borgo San Giuliano

        Rimini, Via Forzieri 12 – 47921 RN

        Osteria de' Borg | Osteria dei sapori della terra di Romagna (osteriadeborg.it) / Tel. +39 0541 56074

        Articolo di: Paola Russo Russo
        Lettura: 5 minuti

        L'Osteria

        Uno dei posti che a Rimini meritano obbligatoriamente una visita è il Borgo San Giuliano, a ridosso del meraviglioso Ponte di Tiberio

        È l’antico borgo abitato storicamente dai pescatori, in cui passeggiare spensierati e stupiti dalla bellezza, tra viuzze con le casette basse, che fanno a gara tra colori e fiori alle finestre. Ma allo stesso tempo il borgo conserva il fascino antico di un luogo che è stato attraversato dalla fatica dei pescatori, dai loro risvegli prima dell’alba, lasciando, a chi abbia voglia di ascoltarne la storia, la suggestione di usci lasciati alle spalle, fendendo la nebbia, verso un lavoro durissimo e quotidiano. Quegli uomini di mare vengono ricordati oggi da una targa, che riporta il loro nome (e soprannome, soprattutto), messa in corrispondenza delle case che abitarono un tempo. 

        È qui che si trovano una serie di piccoli e rinomati locali e ristoranti, ottimi sia nelle specialità della tradizione che nell’innovazione dei piatti. La proposta è varia, tra pesce, carne, pizza, piadina e sushi, il rumore di piatti e stoviglie che proviene dalle cucine attraversa le stradine insieme a profumi che invitano a mettersi a tavola. 

        Il ristorante che qui rappresenta davvero un simbolo di tradizione della cucina di terra è l’Osteria de Borg. Segnalato e consigliato dalle migliori guide sulla gastronomia, Osterie d’Italia e Ristoranti e Delicatessen su tutte, è un luogo in cui i riminesi per primi vengono a mangiare di gran gusto, dando all’ambiente e all’ospitalità una nota ancora più sincera e autentica. Quella proposta è una cucina fatta di materie prime freschissime e selezionate con cura. L’Osteria de Borg viene considerata un pezzo di storia tra la più conosciuta e riconoscibile di Rimini. Chi è passato di qui, infatti, non può non associare l’esperienza del cibo con quella fatta con gli occhi, tra i murales bellissimi a fare del borgo una galleria d’arte a cielo aperto. Il tema dei murales è il più delle volte dedicato al Cinema e nello specifico a quello di Fellini, ai mitici personaggi dei suoi film, a fotogrammi indimenticabili. E la suggestione continua… 

        Adatto a :

        chi vuole assaggiare i veri sapori romagnoli

        Periodo consigliato :

        pranzo o cena, durante tutto l'anno

        Dalla primavera alla vigilia di Natale del 1989: nascita di un’Osteria

        Nella primavera del 1989 Luisa Fabiani, che abitava lì fin dalla nascita, con suo marito Veniero e alcuni dei soci del circolo culturale del borgo, manifestano l’intenzione di aprire una spaghetteria, un’attività particolarmente in voga in quegli anni. Eppure Luisa spinge verso un’altra idea, quella di aprire un locale con una proposta culinaria di carne, portando qualità e novità in un borgo di soli ristoranti di pesce.

        Dopo qualche mese, il bar del circolo diventa un’osteria, e alla vigilia di Natale viene inaugurata l’Osteria de Borg

        Il successo arrivò subito e i piatti, cucinati direttamente da Luisa, vennero apprezzati da un numero sempre maggiore di persone, facendo, nel tempo, di una piccola osteria un fiore all’occhiello di un borgo incantevole.

        Ma la storia prosegue, e nel 2007 lo chef Giuliano Canzian, insieme a Mirko Monari e a Enrica Mancini rilevano la gestione, continuando sulla stessa linea, proponendo pietanze tipiche realizzate con prodotti locali.

        Nel 2012 c’è ancora un cambiamento, anzi, un rinnovamento. E così, cambiando immagine, e ospitando oltre alla cucina un forno a legna per ampliare l’offerta con la pizza, l’Osteria rimane sempre lei, con qualcosa in più.

        I veri sapori Romagnoli

        Qui la spesa per la cucina si fa nel nome dei sapori della Romagna, con materie prime dell’entroterra riminese, ingredienti e presidi slow food, e soprattutto la migliore carne proveniente dai più rinomati allevamenti del territorio. Le ricette sono rimaste quelle originali di trent’anni fa, autentiche e con una fortissima identità, sono solo diventate più buone, continuando a rievocare la memoria, ma migliorate grazie alla ricerca che avviene giorno per giorno. Proviamo a seguire un menù, dall’inizio alla fine.

        L’antipasto proposto è proprio “alla romagnola”, con piade, cassoni, crostini, salumi e formaggi locali e, ovviamente, carne. 

        Tagliatelle, cappelletti, passatelli, ravioli e strozzapreti, sono i primi. Qui la pasta è fatta a mano, il mattarello è uno strumento che non è passato di moda. Anche qui, come Dallo Zio, ristorante della stessa proprietà, vengono preparati i Patacotc, pasta tipica del dopoguerra, consumata nei paesini dei colli, che ha una consistenza simile al maltagliato.

        I secondi, come da promessa fatta nel 1989, fanno la loro splendida figura in questa osteria: galletto al tegame, castrato alla brace e misto di mora romagnola, salsiccia, costata, fiorentina. C’è anche una proposta vegetariana che può comprendere i contorni, che seguono prevalentemente la stagione. La pasticceria è quella di una volta e nel menù svela il suo segreto sotto la voce “Dolci artigianali fatti in casa con passione”.

        Accoglienza fra memorie e colori

        C’è una nota di colore che non ti lascia più appena dopo essere entrati all’Osteria de’ Borg.

        È il verde menta del banco bar, con i vini in esposizione e un frigo a vista con i salumi conservati, come in una bottega di paese. Il locale si sviluppa poi al piano superiore dove un’ampia e accogliente sala colorata, arredata con i tessuti delle più note stamperie locali, ti regala la sensazione di non essere mai stato in un posto così.

        Alle pareti, stampe e manifesti originali di un passato dal gusto tutto italiano.
        I mobili, i tavoli e le sedie sono completamente in legno e, a riscaldare l’ambiente, ci pensano le lampade artigianali, ricavate da coperchi in alluminio e vecchie pentole. 

        Durante la bella stagione si può mangiare fuori, nella bellissima piazzetta antistante, che mantiene, nei colori e nella presenza delle piante, una cifra molto caratteristica di tutto il borgo. Il borgo è chiuso al traffico e l’unico rumore che si può sentire, seduti a un tavolo all’aperto per pranzo o cena, è quello delle chiacchiere e delle risate, il rumore che fa la felicità quando ci si trova in un posto bello.

        I classici dell'Osteria

        Anche l’Osteria de’ Borg, come tutti i ristoranti con una fortissima identità, può vantare dei grandi classici.

        C’è chi torna qui per i cappelletti alle carote, nel menù dal 1989, frutto dell’estro e della creatività di Luisa Fabiani, considerati il fiore all’occhiello, con una punta di limone. È anche il nostro primo preferito. 

        C’è poi una ricetta che sembra fatta proprio per essere rifatta a casa. Sono le polpette e zucchine ripiene in umido. Noi ci siamo fatti dare la ricetta. 

        Quello che ti serve per prepararle sono 400 grammi di macinato di manzo, 50 di pangrattato, 2 uova, 4 zucchine grandi, 200 gr di pomodori pelati, sedano, carote, cipolla, sale, pepe e olio q.b.

        Per prima cosa trita il sedano, le carote e la cipolla e, dopo aver preparato le polpette di manzo (lasciandone un po’ da parte per il ripieno delle zucchine), con pangrattato, uova e sale, fai rosolare il tutto in pentola.

        A metà cottura unisci il pomodoro, nel frattempo scava l’interno delle zucchine e riempi con il macinato che avevi lasciato da parte. Ora non ti resta che farle cuocere a fuoco lento in padella, con i condimenti e il pomodoro, e servirle insieme alle polpette.

        Perché il segreto dell’Osteria de’ Borg è che i suoi piatti segreti non ne hanno.

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